Valorizzare la risorsa umana, attivare un circuito aziendale virtuoso, ritenersi al servizio della società: sono alcune proposte dell’Unione cristiana imprenditori, dirigenti e professionisti
Partire dalla persona per tornare alla persona. Per non dimenticare la nostra umanità. Sono infatti proprio le persone a mandare avanti le imprese e sono sempre le persone le destinatarie dei beni e dei servizi offerti dalle stesse imprese. Non possiamo infatti dimenticare che il vero fine di qualsiasi attività lavorativa è l’essere utili alla società e non il denaro che si ottiene. Nessuno infatti acquisterebbe un bene o un servizio se fosse solo per far circolare il denaro. Purtroppo gli economisti e i politici dimenticano troppo spesso queste nozioni elementari e in Italia la mentalità si sta chiudendo nel fissarsi esclusivamente sulla circolazione del denaro, sui numeri dei bilanci, dimenticandosi che al centro di tutto c’è – e deve esserci – esclusivamente l’essere umano.
Il lavoratore non è un numero, non è un’entità astratta che serve a far soldi ma è una parte integrante del sistema impresa, anzi ne è la parte centrale. E, nell’architettura imprenditoriale, la si dovrebbe ritenere una voce attiva di bilancio.
La proposta dell’UCID
L’Unione cristiana imprenditori, dirigenti e professionisti (UCID) ritiene che la persona umana sia parte integrante del ‘sistema impresa’, di qui la necessità di valorizzarla ponendola come voce attiva di bilancio. L’obiettivo della proposta UCID è quello di riattivare circoli virtuosi dell’economia e per questo “si è individuata la priorità della valorizzazione della risorsa umana nell’ambito economico finanziario dell’impresa, così da rendere tangibile il patrimonio del primo bene intangibile”, come afferma il presidente del Gruppo UCID di Puglia e consigliere del Comitato di presidenza UCID, Giuseppe Fischetti. “La conoscenza, la capacità di portare avanti i processi di innovazione, come industria 4.0, necessitano ovviamente della risorsa umana come elemento imprescindibile. Essa è presente in ogni azienda ed in ognuna con caratteristiche proprie e non replicabili: un vero e proprio patrimonio di ogni specifico soggetto economico”.
La risorsa umana
Per il presidente nazionale UCID, Riccardo Ghidella, la collocazione della risorsa umana “è tra le immobilizzazioni immateriali dell’impresa e costituisce patrimonio della stessa purché sia contestualizzata in uno specifico scenario virtuoso da certificare, fra cui ad esempio la presenza di una sua formazione permanente. Per l’UCID, partendo dal capitale intellettuale esistente in ogni azienda, è possibile giungere ad un riconoscimento oggettivo del capitale umano attraverso la valorizzazione delle competenze unite al know-how aziendale”.
Una proposta che, se accolta, non richiederebbe investimenti da parte dello Stato, né revisioni del gettito fiscale ma servirebbe anche a risollevare le imprese potendo porre all’attivo questa voce finora considerata – dal punto di vista fiscale, finanziario ed economico – un valore tutto al passivo. Inoltre, si potrebbe così riconoscere come investimento anche la formazione del personale. Un cambiamento di visione e di prospettiva per uscire dall’impasse provocato da una crisi economica che non accenna ad abbandonarci.
Recuperare la dimensione etica e spirituale nell’economia
“Recuperare la dimensione etica e spirituale nel mondo dell’economia e della finanza, per riconoscere dignità al lavoro e restituire all’impresa il suo ruolo sociale a servizio della comunità e del bene comune”. È questo il compito dell’UCID secondo il presidente del Comitato tecnico scientifico, sen. Riccardo Pedrizzi il quale sottolinea come in questa particolare congiuntura storica occorra “creare un circuito virtuoso per un progetto di sviluppo comune che si sposi con un’economia eticamente sostenibile, che generi benessere vero; un’economia costruita intorno alle persone e che viva di produzione reale, non di castelli finanziari destinati a franare sotto il peso della speculazione”.
In questa ottica il CTS, a partire dal 13 novembre ha deciso di avviare un nuovo ciclo di incontri con autorevoli esponenti del mondo della Chiesa, dell’imprenditoria e delle professioni, che cercheranno di riportare l’UCID e in generale il mondo cattolico, al centro del dibattito culturale e politico. Potrebbe essere proprio questo organismo a svolgere “un ruolo importante e strategico di competenza, aggregando intelligenze, cultura, e risorse spirituali, anche esterne, intorno a un’idea di società e di mercato non piegata esclusivamente alla logica del solo profitto”. Nella convinzione che “alla crisi finanziaria ed ai disastri prodotti dall’economia speculativa del Terzo Millennio, solo la Dottrina sociale della Chiesa può dare una risposta adeguata ed attuale”.
Apertura esercizi commerciali la domenica
L’UCID non si oppone all’apertura degli esercizi commerciali la domenica, ma chiede orari diversificati e flessibili per gli occupati. In altre parole: l’apertura domenicale non deve andare a scapito del lavoratore. L’Unione cristiana imprenditori, dirigenti e professionisti chiede in particolare l’adozione di scale di priorità e orari da regolare a livello di contratto specifico e di aree macro-territoriali.
Secondo l’Unione è necessario “individuare un metodo e adottare un corretto modello organizzativo per consentire al personale impegnato nelle attività nei giorni di festa di poter dedicare un adeguato tempo alla propria sfera religiosa e familiare e al riposo settimanale”. In un comunicato l’Ucid spiega che per i consumatori, o per coloro che saranno impegnati in turni lavorativi domenicali nelle attività commerciali, non vi sono limitazioni o privazioni (come per medici, infermieri, e forze di polizia), circa le attività legate alla normale vita sociale, se queste sono organizzate in turni che non occupino l’intera giornata. Va anche ricordato che, nelle attività lavorative che prevedono il lavoro domenicale e festivo, il dipendente gode di una tutela sindacale e di una normativa prevista esplicitamente nei contratti di lavoro.
E l’Ucid sottolinea che anche per chi professa fedi non cristiane si potrebbe prevedere la stessa tutela, prestando un’attenzione simile: la suddivisione in fasce orarie consentirebbe di usufruire di un periodo di riposo diverso (ad esempio durante il venerdì per il lavoratore credente musulmano, durante il sabato per il fedele di religione ebraica) e di un adeguato tempo per la preghiera.