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Welfare Italia: i dati del Lazio, i peggiori

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Welfare Italia: i dati del Lazio, i peggiori

Nell’ambito del progetto “Welfare Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali”, sono stati diffusi i risultati di una ricerca relativa al Lazio a cura di Censis e Unipol. In primo piano la sanità

Perché proprio il Lazio? Forse perché rispetto al resto d’Italia è risultato essere la regione i cui cittadini spendono di più, di tasca propria, per la sanità; o forse perché i tagli alla sanità pubblica di questa regione e il deficit accumulato nelle gestioni pubbliche precedenti hanno portato a una miscela esplosiva di bisogni ai quali nessuno – se non i cittadini stessi – dà soddisfazione.

 

Vivere nel Lazio, per quanto riguarda le spese sanitarie e il welfare, non è facile. Le famiglie rinunciano alle cure perché non possono sostenerne i costi e sono preoccupate per il futuro dei propri figli. Unica via di scampo, le reti familiari informali: ovvero un aiuto reciproco, un sodalizio informale all’interno del proprio nucleo familiare o della famiglia allargata. Si tratta di quella che il Censis definisce “integrazione familiare dell’offerta sanitaria pubblica”.
Mai come ora la situazione è stata tanto preoccupante e allarmante nel campo del welfare per i cittadini laziali.

Nel Lazio l’88,7% delle famiglie ha sostenuto spese nell’ultimo anno per acquistare farmaci a prezzo intero o per pagare i ticket in farmacia (il 78,2% nella media italiana), l’83,5% ha sostenuto spese extra per prestazioni ambulatoriali come visite mediche specialistiche o accertamenti diagnostici (il 60,3% a livello nazionale), il 43,6% per visite e prestazioni odontoiatriche private (contro una media del 38,6%). Come dimostrano questi dati dunque la spesa sanitaria di chi risiede nel Lazio è più alta che nel resto d’Italia. Non solo: data la scarsa copertura da parte del sistema sanitario pubblico, negli ultimi due anni il 31% delle famiglie del Lazio ha effettuato solo le cure odontoiatriche indispensabili, preferendo strutture pubbliche o puntando al massimo risparmio in caso di accesso alle strutture private, anche rinunciando alla qualità. E il 23% è stato costretto a rinunciare o rimandare il ricorso al dentista, sebbene fosse necessario, perché troppo costoso.

Non sono certo incoraggianti, i risultati della ricerca “Welfare, Italia: focus sul Lazio. Ridare valore alle risorse di famiglie e lavoratori”, realizzata nell’ambito del progetto “Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali” di Censis e Unipol, con la collaborazione del Consiglio regionale Unipol Lazio. La ricerca è stata presentata negli scorsi giorni da Giuseppe Roma, Direttore Generale del Censis, e discussa, tra gli altri, da Claudio Di Berardino, Segretario Generale della Cgil Roma e Lazio e Presidente del Cru Lazio, Pierluigi Stefanini, Presidente di Unipol, Ignazio Marino, Sindaco di Roma, e Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio.

Nel Lazio la sanità pubblica regionale è soggetta a processi di “razionalizzazione dell’offerta ospedaliera”, termine tecnico che sta a significare: riduzione dei posti letto. Inoltre, il Lazio è una delle Regioni con piano di rientro, dovuto al deficit accumulato nelle precedenti gestioni, per cui gli amministratori regionali si sono trovati a dover operare in questi anni una riduzione complessiva dei costi, che si ritiene abbia avuto un impatto anche sulla qualità e la capillarità dei servizi erogati. Vediamo qualche cifra: dal 2007 al 2011, sia le strutture ospedaliere pubbliche che quelle private accreditate si sono ridotte nella regione del 7% circa, mentre nel resto d’Italia sono aumentate; i posti letto sono diminuiti del 19,7% nelle strutture pubbliche e del 28,4% in quelle private accreditate, più che nelle altre aree del Paese (nella media nazionale la variazione è pari a -6,6%). Anche il personale medico e infermieristico si è ridotto nel Lazio, rispettivamente del 5,7% e del 5%, mentre a livello nazionale è rimasto stabile.
Il denaro pubblico speso in questo campo nel Lazio è dunque stato tagliato: la spesa sanitaria pubblica per abitante nel Lazio è diminuita del 4%, con una riduzione particolarmente sensibile tra il 2009 e il 2010 (-2%), mentre la spesa è rimasta invariata nelle altre aree del Paese.

Vista la situazione altamente critica in campo sanitario, quando si ha necessità di cure mediche o di assistenza, a intervenire è la rete del “welfare familiare”. Secondo i dati rilevati da Censis e Unipol, il 40% delle famiglie italiane è impegnato in una vera e propria rete di supporto informale, fornendo aiuto ai familiari in difficoltà. Ma nel Lazio si arriva al 55% delle famiglie, una tendenza molto spiccata ovviamente correlata alla situazione peggiore rispetto alle altre regioni.

Nel Lazio il tipo di supporto più frequente consiste, nell’ordine:
nell’aiuto a persone sole o malate (riguarda il 22,9% delle famiglie),
nel prestito infruttifero di denaro o di altri beni (il 18,1% nel Lazio contro l’8,2% a livello nazionale);
nell’assistenza agli anziani (il 17,6% contro il 9,8% medio).
Sempre nel Lazio, le voci di spesa più diffuse sono orientate:
 all’assistenza ad anziani e bambini,
al mantenimento dei giovani che non studiano e non lavorano, con costi che gravano sulle famiglie a fronte di una copertura pubblica carente.

I consumi al tempo della crisi

Naturalmente l’attuale crisi economica in concomitanza con il mancato supporto assistenziale pubblico, influenza le scelte e i comportamenti delle famiglie. La strategia prevalente per fronteggiare le difficoltà è la riduzione di sprechi ed eccessi, adottata dall’82,5% delle famiglie del Lazio.
Per risparmiare, le famiglie cercano opportunità di risparmio (sconti, promozioni, scelta di prodotti meno cari) e al contempo riducono i  propri consumi in vari ambiti, da quello alimentare (il 64,5% nel Lazio e il 72,8% in Italia), alla convivialità del ristorante (il 53,2% nel Lazio e il 58,7% in Italia), fino agli spostamenti e ai mezzi di trasporto (il 48,6% nel Lazio e il 59,6% in Italia).

Visti i dati appena diffusi, non c’è da stupirsi se la paura più diffusa nel Lazio è il rischio di ammalarsi (per il 37,7% delle famiglie). E il timore più avvertito dalle famiglie della regione, rispetto al resto del Paese, è il futuro dei figli (per il 32,3% contro il 26,6% registrato a livello nazionale), poi la non autosufficienza (27%), la situazione economica (23,4%) e il lavoro (22,4%).

I ricercatori hanno chiesto agli abitanti del Lazio con quali strumenti intendono affrontare i bisogni socio-assistenziali di domani. Vediamo le risposte.
Il 44,7% delle famiglie nel Lazio si aspetta da parte del soggetto pubblico una copertura sufficiente (si tratta di chi non ha alternative alla copertura pubblica per ragioni economiche), il 46,1% integrerà i servizi pubblici con quelli privati pagando di tasca propria, il 9,2% (contro il 9,8% a livello nazionale) considera il ricorso a strumenti assicurativi e finanziari privati. Di questi ultimi, il 7,1% (il 5,7% nella media Italia) propende per un modello di welfare mix, integrando la copertura pubblica con le prestazioni finanziate tramite mutua o assicurazione, e il 2,1% (il 4,1% a livello nazionale) pensa di affidarsi completamente al privato grazie a strumenti assicurativi.
È evidente che gli abitanti del Lazio siano pienamente consapevoli che la copertura pubblica necessiterà di integrazioni private.

Durante la presentazione della ricerca, il presidente di Unipol, Pierluigi Stefanini, ha sottolineato che “la fotografia restituita dalla ricerca ci conduce a prendere sempre più consapevolezza del fatto che gli attuali assetti di welfare non sono più in grado di rispondere ai nuovi bisogni socio-assistenziali della famiglie italiane, nonché ai cambiamenti strutturali dell’economia, ai trend demografici e al nuovo mercato del lavoro. Il progetto ‘Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali’, alla sua seconda annualità, si pone l’obiettivo di riflettere in maniera permanente e di concerto con tutti i soggetti impegnati nel settore sulle modalità attraverso le quali rendere il sistema del welfare più efficiente, dunque strumento di sviluppo economico, occupazionale e di inclusione sociale”.

Anche Cludio Di Berardino, Segretario generale della CGIL Roma e Lazio nonché Presidente del Consiglio regionale Unipol Lazio, si è mostrato molto preoccupato per quanto emerso dalla ricerca: “preoccupa quanto emerge da questa ricerca. Preoccupa e allarma perché vi si legge un progressivo sgretolamento nel corso degli anni del sistema di welfare anche nel nostro territorio, falcidiato da una recessione economica senza precedenti. È necessario un nuovo modello di welfare, a partire dal rilancio del ruolo e delle scelte strategiche del pubblico, capace di includere e dare risposte ai disagi vissuti quotidianamente dalle famiglie”.
 

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