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Allarme sulle competenze degli italiani

Allarme sulle competenze degli italiani

Non sono preparati, non sono competenti, sono “sfiduciati, sono pigri. L’Italia è all’ultimo posto per le competenze e le conoscenze, perfino quelle alfabetiche. E i dati sui giovani sono allarmanti: lo denuncia l’ultima indagine OCSE-PIAAC, alla quale ha fatto seguito un comunicato congiunto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Bisogna cambiare rotta, definire ulteriori interventi e per questo si sta nominando una commissione di esperti. A destare le maggiori preoccupazioni sono i cosiddetti Neet, quelli che né studiano né cercano lavoro. E in Italia è evidente anche il capitale femminile sottoutilizzato sul piano professionale.

Ad allarmare le istituzioni preposte sono i dati dell’indagine PIAAC (Porgramme for the International Assessment of Adult Competencies) dell’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). In primo luogo quelli relativi ai giovani Neet, che lasciano precocemente gli studi e non fanno niente altro: “l’abbandono precoce dei percorsi di formazione rischia di pregiudicare il loro futuro, i dati Ocse lo dicono chiaramente. Così come è evidente che in Italia c’è un capitale femminile sottoutilizzato sul piano professionale, uno spreco di risorse e talenti che il nostro Paese non può più permettersi”. Lo dichiarano, in una nota congiunta, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Enrico Giovannini, e la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Maria Chiara Carrozza, commentando i dati resi noti oggi dall’Ocse sulle competenze alfabetiche e matematiche della popolazione adulta (che ha una parte italiana di dati curata dall’Isfol – Istituto per lo sviluppo professionale dei lavoratori – su incarico del Ministero del Lavoro).

L’indagine è stata svolta nel periodo 2011-2012 allo scopo di analizzare le competenze fondamentali della popolazione tra i 16 e i 65 anni in 24 Paesi. Per quanto concerne l’Italia l’indagine è stata condotta dall’Isfol, che ha divulgato i dati l’8 ottobre 2013.
Le competenze prese in considerazione per l’indagine sono quelle “fondamentali per la crescita individuale, la partecipazione economica e l’inclusione sociale (literacy) e quelle per affrontare e gestire problemi di natura matematica nelle diverse situazioni della vita adulta (numeracy)”. Competenze sulle quali, ci dicono i dati PIAAC, gli adulti italiani sono ben al di sotto della media degli altri Paesi.

Il deficit del nostro Paese è più accentuato al Sud e nelle Isole, soprattutto per i livelli di istruzione avanzati. Gli scarti più elevati si hanno tra i nostri laureati e quelli degli altri Paesi.
A fronte di questo, continua tuttavia il processo di contenimento dell’analfabetismo essendo diminuita rispetto al passato, la percentuale di popolazione che si attesta ai livelli più bassi di competenze.

Scarse abilità e competenze chiave inoltre vanno di pari passo con l’inattività. Questo è il caso dei NEET di cui ormai tutti parlano: i giovani di età compresa tra i 16 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, che disinvestono sulle proprie capacità senza accrescerle e utilizzarle.
E a sorpresa sono invece i soggetti più anziani che riescono ad evitare il deterioramento delle competenze: il differenziale tra la fascia dei 16-24enni e la fascia dei 55-64enni si è infatti pressoché dimezzato rispetto alle precedenti indagini Ocse, con un miglioramento delle fasce di età più mature. Uno smacco dei più anziani rispetto ai giovani che fa pensare: il livello intellettuale degli italiani si sta abbassando, visto che le nuove generazioni sono meno preparate delle precedenti?

Sul versante femminile, come da anni dichiariamo dalle pagine del nostro giornale, si registra una positiva tendenza al miglioramento dei livelli di competenza con un evidente recupero del gap rispetto al genere maschile. Anche in presenza di inattività, le donne mantengono un buon livello di competenze. Le disoccupate registrano nello specifico un punteggio più elevato rispetto ai disoccupati maschi.

Il primato negativo italiano che fa però maggiormente riflettere è la scarsa partecipazione ad attività di apprendimento formale e informale degli adulti, che in Italia è la più bassa tra i paesi Ocse:  il 24% a fronte di una media del 52%, praticamente la metà.
È questo l’elemento che determina la differenza quando si vanno a misurare le competenze. Il punteggio di chi si è dedicato ad attività di formazione o volte all’apprendimento è infatti ben più alto rispetto a chi è rimasto fermo.
Continuare a imparare, rimanere attivi, accrescere le proprie capacità sembrano dunque gli strumenti per avvicinarsi a quei Paesi europei affini all’Italia per caratteristiche socio culturali ed economiche. Strumenti sui quali è probabilmente necessario investire per creare benessere e sviluppo individuale e nazionale.

I dati dell’Ocse che riguardano le competenze culturali minime degli italiani sono infatti veramente vergognosi: per quanto riguarda quelle alfabetiche siamo addirittura all’ultimo posto, in quelle matematiche siamo penultimi e i Neet sono ormai un fenomeno di massa nel nostro Paese.
Le soluzioni possono esserci, una di queste è l’innalzamento dell’obbligo scolastico ai 18 anni di età passando un numero superiore di ore in classe, fino a terminare le superiori come da tempo reclama uno dei sindacati della scuola, l’Anief. “A causa dell’obbligo scolastico troppo limitato, ogni anno perdiamo 700mila alunni, mentre bisogna passare a una maggiorazione del tempo scuola, incautamente ridotto del 10% a seguito delle riforme Gelmini, e attivare un collegamento capillare del mondo formativo con le aziende” dice il presidente del sindacato Marcello Pacifico.

Per quanto riguarda un riforma dello strumento dell’apprendistato, secondo il sindacalista Anief-Confedir si tratta di “un’operazione finalizzata a dare un’inversione di tendenza alla ‘piaga’ dei neet, quei 2 milioni e mezzo di giovani, quantificati solo alcuni giorni fa dal Cnel, che vivono le loro giornate senza studiare né lavorare: è giunto il momento di avviare una seria riforma dell’apprendistato, prendendo come modello la Germania, dove il collegamento con le aziende e reale e proficuo. Se, invece, continuiamo a portare avanti la politica degli annunci, mentre gli altri Paesi evolvono l’Italia per competenze culturali rimane destinata a rimanere vergognosamente in fondo alla classifica Ocse”.

Ma il Governo sembra essere conscio della gravità della situazione del capitale umano disponibile nel nostro Paese, visto che ha già iniziato ad adottare alcune misure orientate a potenziare il sistema formativo e a fronteggiare l’emergenza Neet. In particolare, con il Decreto Lavoro dello scorso giugno e il Decreto Scuola approvato a settembre, sono stati stanziati complessivamente oltre 560 milioni di euro per il triennio 2013-2015. E, per identificare ulteriori interventi, è stata appena costituita “una commissione di esperti” che entro 45 giorni dovrà proporre specifiche misure con obiettivi a brevissimo, breve e medio termine, anche in vista dell’avvio, a gennaio, del ‘Piano Garanzia Giovani’ voluto dall’Europa per favorire l’occupazione giovanile.

Ad annunciare la creazione di questo team di esperti sono stati i due Ministri, Giovannini e Carrozza, che hanno voluto anche fare un elenco delle azioni già avviate dal loro governo:
 
Decreto Lavoro:
 
•        Rifinanziate per 3 anni nei territori del Mezzogiorno le forme di autoimpiego ed autoimprenditorialità  (ex D.Lgs.185/2000) con 26 milioni di euro per il 2013 e il 2014 e 28 per il 2015;
•        Rifinanziata l’azione del Piano di coesione rivolta alla promozione e realizzazione di progetti promossi da giovani e da categorie svantaggiate per l’infrastruttura sociale e la valorizzazione dei beni pubblici nel Mezzogiorno (26 milioni per il 2013 e  il 2014, 8 per il 2015);  
•        Istituite borse di tirocinio formativo a favore di Neet, di età compresa tra i 18 e i 29 anni, residenti o domiciliati nelle Regioni del Mezzogiorno (56 milioni per il 2013, 16 per il 2014 e 96 per il 2015);
•        Definite e rese operative misure per la semplificazione dell’apprendistato, con un ruolo centrale per l’apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere;
•        Adottate nuove misure per i tirocini nel settore pubblico: istituzione del “Fondo mille giovani per la cultura”  (un milione) al fine di sostenere il settore dei beni culturali e di un Fondo (2 milioni di euro annui per il triennio 2013-2014-2015) per consentire alle amministrazione dello Stato di avviare tirocini formativi;
•        Per promuovere l’alternanza studio-lavoro è stata autorizzata la spesa di 3 milioni per il 2013 e di 7,6 per il 2014 da destinare al sostegno delle attività di tirocinio curricolare da parte degli studenti iscritti a corsi di laurea nell’anno accademico 2013-2014.
 
Decreto Scuola:

•        15 milioni per il 2014 per spese di trasporto verso le sedi scolastiche e ristorazione destinati ai capaci e meritevoli ma privi di mezzi;
•        15 milioni per la lotta alla dispersione scolastica. Sarà avviato un Programma di didattica integrativa che contempla il prolungamento dell’orario nelle realtà in cui è maggiormente presente il fenomeno dell’abbandono;
•        6,6 milioni per potenziare da subito l’orientamento degli studenti della scuola secondaria di secondo grado. L’orientamento dovrà partire già dal quarto anno. Le scuole dovranno inserire le loro proposte in merito sia nel piano dell’offerta formativa che sul proprio sito.
•        100 milioni per aumentare il Fondo per le borse di studio degli studenti universitari a partire dal 2014 e per gli anni successivi. Lo stanziamento è dunque consolidato e non temporaneo.

Ma, in ultima analisi, il problema maggiore è individuale: combattere la pigrizia mentale, avere voglia di apprendere e rimettersi in gioco sono infatti i fattori imprescindibili alla base di qualsiasi mutamento. Continuare a studiare, a frequentare corsi di formazione – anche privati grazie alle innumerevoli associazioni culturali senza scopo di lucro che mettono a disposizione il proprio knowhow per pochi soldi – non è questione da sottovalutare. Non bisogna attendere che ci arrivi sempre la pappa pronta dall’alto, facendo ricadere ogni necessità e colpa sullo Stato: anche i singoli individui devono muoversi, informarsi, aprirsi alle novità, aumentare le proprie conoscenze e competenze. Cosa che, oltre ad essere utile per la propria crescita personale e sociale, è anche divertente.

E fa trovare lavoro:

 

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