Da diversi giorni siamo oggetto di spropositati attacchi provenienti da blogger e giornalisti – ma anche semplici “leoni da tastiera” – che saranno querelati poiché hanno espresso considerazioni inopinatamente gratuite quanto offensive
In questo articolo mi esprimerò in prima persona – e me ne scuso con i lettori – perché, da direttrice della rivista “Donna in Affari”, intendo assumermi la responsabilità di quanto affermerò.
Andiamo allora con ordine.
Premetto, intanto, che la nostra rivista si serve anche delle prestazioni professionali di giornaliste freelance.
Orbene, una di queste giornaliste free lance (che non nomino in questa sede per una mera cautela legale) qualche tempo fa mi ha prospettato la possibilità di un’intervista a Samantha Cristoforetti, la nota astronauta che ha partecipato a una missione spaziale dell’ESA (Agenzia spaziale europea).
Preciso, per completezza, che l’organo di informazione che dirigo ha – nel corso della propria storia – pubblicato interviste a importanti personaggi del sapere, della cultura, della politica e dell’imprenditoria.
Preciso, altresì, che la giornalista che mi ha prospettato tale intervista e che, dopo, se ne è occupata, è una seria professionista di lungo corso, con tanto di curriculum vitae di alto livello.
Come succede quotidianamente, mi è stato comunicato che la stessa giornalista si sarebbe recata a una conferenza dove era previsto l’intervento della Cristoforetti e dove avrebbe potuto raccogliere qualche “elemento” per l’articolo da pubblicare sul nostro giornale.
All’esito della conferenza, la giornalista mi ha trasmesso il testo di un’intervista – con tanto di domande e di risposte – e, in allegato, le foto dell’evento, con primi piani, anche a distanza molto ravvicinata, dell’ingegner Cristoforetti.
Peraltro, la giornalista è stata anche ripresa da qualche TV che è intervenuta per l’evento e dico ciò per comprovare ulteriormente il fatto – secondo quanto era da me tranquillamente percepibile – della sua presenza allo stesso evento.
Ricapitolando, e tornando – per un attimo – al momento in cui ho ricevuto, sul mio tavolo, il servizio giornalistico, ho avuto un testo con domande e risposte, delle fotografie della Cristoforetti, delle immagini registrate da altri organi di informazione.
Si consideri, vieppiù, che il testo era – molto francamente – abbastanza anonimo ed innocuo in quanto le domande e le risposte, ivi riportate, erano e sono oggettivamente senza particolare incisività e rilievo, anche e soprattutto dal punto di vista penale e giudiziario.
Tutti i giornalisti sanno che tra i compiti del direttore vi è quello di controllare il contenuto degli articoli anche al fine di non vedere pubblicato nulla di lesivo dell’onore o della reputazione altrui.
Ripeto, dunque, che – secondo quanto ivi riportato – Samantha Cristoforetti non aveva detto nulla di offensivo nei confronti di chicchessia, le domande erano semplici, le risposte altrettanto, non c’era nulla di impubblicabile. Tale è il mio compito e tale compito ho espletato – si informino bene i denigratori della domenica – con la cura, la solerzia e la professionalità che mi è riconosciuta da chiunque conosca il mio modo di lavorare.
L’intervista con la firma della giornalista è stata, così, pubblicata poco prima di pranzo mentre in redazione era rimasta solo la segretaria.
Dopo poco tempo, mi ha contattato telefonicamente la giornalista autrice dell’intervista per dirmi che l’addetta alla comunicazione di Samantha Cristoforetti – a suo dire – l’avrebbe chiamata perché “non si riconoscerebbe in alcune risposte”.
In questi casi, come tutti sanno, si concordano le modifiche e si pubblica la nuova versione del pezzo. Per questo motivo, ho detto che bastava farci sapere come avrebbe voluto cambiarla e noi avremmo provveduto di conseguenza e immediatamente.
Qualche minuto dopo, una telefonata della segretaria di redazione (che si era relazionata sia con la suddetta addetta alla comunicazione della Cristoforetti sia con la suddetta giornalista freelance) mi forniva una diversa lettura: l’intervista alla Cristoforetti forse non era stata autorizzata.
L’unica azione che potevo, a quel punto, realizzare era quella di eliminare l’intervista dal sito, in modo che non fosse più leggibile e ciò in attesa di capire come stavano effettivamente le cose e quale fosse la verità. E così ho fatto.
In realtà, l’intervista è rimasta per pochissimo tempo sul nostro giornale.
Inopinatamente, un’altra telefonata dalla segretaria di redazione mi ha comunicato che l’addetta alla comunicazione della Cristoforetti aveva richiamato in redazione per manifestare il disappunto della stessa astronauta, la quale si sarebbe arrabbiata perché avrebbe voluto la ripubblicazione integrale del pezzo. Così com’era.
Le telefonate, ovviamente, si sono susseguite e si sono intersecate tra gli stessi attori succitati e, all’esito, sono emerse informazioni contrastanti, a partire da quella secondo cui l’intervista non sarebbe stata mai concessa.
Tra un tira e molla di informazioni contraddittorie, restavo dell’idea – nata dalla precisa conoscenza dei miei doveri professionali, legali e deontologici – che l’intervista non doveva assolutamente essere ripubblicata.
Da lì a poco, la segretaria di redazione mi informava che la Cristoforetti voleva parlare con me perché avrebbe voluto:
- la ripubblicazione integrale dell’intervista;
- l’inserimento di un paragrafo introduttivo finalizzato ad accusare la giornalista di falsificazione dell’intervista;
- l’inserimento di un secondo paragrafo introduttivo con le scuse ufficiali pubbliche rivolte alla Cristoforetti da parte della giornalista.
Non v’è chi non veda come una tale richiesta sia alquanto strana e ciò poiché di un’intervista falsa se ne chiede la soppressione e non certamente la nuova pubblicazione.
Peraltro, come direttrice mi sono immediatamente consultata con il mio avvocato il quale mi ha messo in guardia circa la possibile/probabile commissione di un reato di diffamazione – nel caso in cui si fosse ottemperato alle richieste dall’astronauta – nei confronti della medesima giornalista.
Continuano le telefonate: la Cristoforetti vuole il mio numero per parlare con me personalmente. Mi rifiuto di farlo perché – e lo faccio spiegare alla segretaria – ogni richiesta deve essere inviata per iscritto, come stabilisce la Legge e non posso, in quanto direttore di una testata giornalistica, ricevere telefonate che mi possano far incorrere in una possibile forma di pressione, che non consento a nessuno.
Ripeto: non consento a nessuno di fare pressioni su di me e sul giornale che mi onoro di dirigere!
A questo punto alla segretaria veniva detto che la Cristoforetti avrebbe minacciato denunce e querele per diffamazione.
In seguito mi si informava che la stessa Cristoforetti avrebbe pubblicato nuovamente l’intervista (“tanto se l’è scaricata” si tiene a sottolineare), accompagnata dal “consiglio” secondo cui – se entro un’ora non veniva ripubblicato l’articolo con le accuse alla giornalista e le sue scuse – la stessa Cristoforetti avrebbe scatenato i suoi cosiddetti follower, che sono migliaia (si tiene a sottolineare anche questo), con i commenti che avrebbe ritenuto opportuni.
Per inciso: le nostre lettrici possono stare tranquille poiché non ho ceduto alla pressione come non ho mai fatto prima, né farò mai. L’articolo non è stato ripubblicato.
Il mattino seguente abbiamo saputo che “AstroSamantha” aveva fatto ciò che aveva minacciato ovvero ha proceduto alla inopinata pubblicazione – su Google+, su Twitter e su Facebook – di una lunghissima nota (che invito caldamente a leggere e rileggere con attenzione).
Il resto è cronaca. Misera cronaca di ordinario coraggio dei numerosi leoni da tastiera che popolano il cyberspazio. Leoni da tastiera e altri vari utenti dei cosiddetti social network che saranno puntualmente e capillarmente querelati e ciò poiché non si possono cedere le armi a sconosciuti diffamatori informatici.
Insomma, centinaia di fans – tra cui blogger e giornalisti – non hanno perso l’occasione di esternare le più incredibili e gratuite offese, contumelie ed altre ordalie contro il nostro giornale e contro la sottoscritta.
Perseguiremo con determinazione e – statene certi – quereleremo tutti quelli che si sono resi protagonisti, direttamente e/o indirettamente, di questo ignobile, riprovevole e immotivato tiro al bersaglio.
Il tempo è galantuomo e ci darà immancabilmente ragione; nel frattempo – se tanto li aggrada – proseguano pure nella loro illogica azione i calunniatori seriali. Prenderemo ulteriore e rituale nota di tutto quanto.