Lavoro Normative

Secondo l’Istat quasi 7 dipendenti su 10 hanno il contratto scaduto

Sono 8,8 milioni i lavoratori in attesa di rinnovo del contratto, di cui 2,9 dipendenti pubblici

Quasi sette dipendenti su dieci sono in attesa del rinnovo del proprio contratto di lavoro. Lo comunica l’Istat, evidenziando che nel mese di luglio sono in attesa del rinnovo il 68,2 per cento dei dipendenti, in aumento rispetto al mese precedente, quando erano il 63,6 per cento. Si tratta di circa 8,8 milioni di lavoratori, di cui 2,9 milioni sono occupati nel pubblico impiego. I contratti in attesa di rinnovo sono 49, di cui 15 appartenenti alla pubblica amministrazione.

In media bisogna attendere poco più di tre anni per il rinnovo – precisamente 38,2 mesi – dato che registra una flessione rispetto al 2015 quando era pari a 55,3. L’attesa media calcolata sul totale dei dipendenti è invece di 26 mesi, in crescita rispetto a una anno prima (21). Con riferimento al solo settore privato la quota dei dipendenti in attesa di rinnovo è pari al 58,9 per cento, in aumento sia rispetto al mese precedente (53,0 per cento) sia rispetto a luglio 2015 (19,9 per cento); i mesi di attesa per i dipendenti con il contratto scaduto sono 17,9, mentre l’attesa media è di 10,6 mesi considerando l’insieme dei dipendenti del settore.

Passando al capitolo remunerazione, l’Istituto di statistica evidenzia che a luglio l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie è rimasto invariato rispetto al mese precedente e aumenta dello 0,6 per cento rispetto al luglio scorso. Complessivamente, nei primi sette mesi del 2016 la retribuzione oraria media è cresciuta dello 0,6 per cento rispetto al corrispondente periodo del 2015.

Con riferimento ai principali macrosettori, le retribuzioni contrattuali orarie registrano un incremento tendenziale dello 0,7 per cento per i dipendenti del settore privato (0,4 per cento nell’industria e 1,2 per cento nei servizi privati) e una variazione nulla per quelli della pubblica amministrazione.

I settori che presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono: tessili, abbigliamento e lavorazione pelli (3,1 per cento); commercio (2,0 per cento); trasporti, servizi postali e attività connesse (1,9 per cento). Si registrano variazioni nulle nei settori dell’agricoltura; del legno, carta e stampa; della metalmeccanica; dei servizi di informazione e comunicazione; delle telecomunicazioni e in tutti i comparti della pubblica amministrazione. Inoltre, si registra una variazione negativa dello 0,5 per cento nel settore dell’acqua e servizi di smaltimento rifiuti.

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